A.C. 3424/I
Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il Partito Democratico voterà la fiducia al disegno di legge di bilancio per il 2022, condividendone nel suo complesso l'impianto normativo. Tuttavia, non possiamo non esprimere le nostre riserve sul metodo adottato nei passaggi parlamentari per l'approvazione della legge, metodo con il quale la centralità del Parlamento è stata ancora una volta messa in discussione. Signor Presidente, faccio appello alla sua autorevolezza perché si ponga argine a questa pericolosa deriva e si ristabilisca il pieno rispetto del dettato costituzionale che vede nel Parlamento tutto il cardine della nostra democrazia rappresentativa.
Fatta questa breve ma necessaria e doverosa considerazione, passo a motivare la fiducia alla legge di bilancio, ai suoi contenuti e alla sua filosofia. Il nostro Paese è in forte ripresa ma non ancora fuori dall'emergenza. Anzi, in queste ultime settimane ci troviamo nel pieno della quarta ondata. Proprio ieri, abbiamo raggiunto il record dei contagi, il record dei tamponi e un tasso di positività che ha raggiunto il 7,6 per cento. Questo è il contesto in cui si colloca la legge di bilancio per il 2022. Il Governo Draghi ha impostato e proposto al Parlamento una manovra decisamente espansiva, motivata dalla consapevolezza di una ripresa che è ancora fragile e condizionata negativamente da una serie di fattori: l'incremento dei contagi, l'impennata dei prezzi dell'energia e delle materie prime, la carenza di beni intermedi, dovuta alle strozzature negli approvvigionamenti e nella logistica, e un quadro macroeconomico internazionale ancora incerto. Nel 2022 la manovra lorda ammonta a circa 37 miliardi di euro e, dal punto di vista quantitativo, l'intervento più importante è rappresentato dal taglio fiscale e contributivo. Alla riduzione dell'IRPEF sono destinati 7 miliardi, attraverso un ridisegno degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni. L'intervento restituisce ordine e regolarità a un'imposta che era stata progressivamente deformata negli anni da una serie di misure spesso estemporanee, senza garantire una complessiva sistematicità del tributo. Secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'intervento sull'IRPEF beneficerà tutti i contribuenti, con particolare riguardo ai redditi medi che, secondo i dati OCSE, negli ultimi trent'anni costituiscono la fascia di reddito che ha subìto la più elevata erosione della propria capacità di spesa in quasi tutti i Paesi industrializzati, e l'Italia in questo ambito certamente non rappresenta un'eccezione. L'abolizione dell'IRAP a carico di 835.00 soggetti, tra partite IVA e piccole imprese personali, impegna un ulteriore miliardo e 300 milioni. Infine, è prevista una riduzione o una tantum dei contributi sociali, di un miliardo e mezzo, a vantaggio dei lavoratori dipendenti. Questo insieme di misure fiscali, contestato da alcune organizzazioni sindacali, va collocato nel quadro di una legge di bilancio che sul versante sociale - è bene ricordarlo - finanzia, con ulteriori 7 miliardi e mezzo, la riforma degli ammortizzatori sociali e rafforza la dotazione del reddito di cittadinanza, della sanità e delle politiche per persone disabili e non autosufficienti. Lasciatemi inoltre dire che affermare che delle scelte fiscali beneficerebbero solo marginalmente le fasce con reddito più basso perché l'incidenza del taglio dell'IRPEF a vantaggio della fascia fino a 12.000 euro di reddito è solo dello 0,6 per cento, a fronte di benefici più alti per le classi di reddito medie, non è solo sbagliato ma anche fuorviante,. Gli interventi di politica fiscale, infatti, vanno guardati nel loro complesso.
Se così si facesse, per esempio, si scoprirebbe che, secondo i dati diffusi dal MEF, grazie al taglio dell'IRPEF, alla decontribuzione e all'assegno per i figli, una famiglia della classe di reddito più bassa, con un reddito di 10.000 euro, riceverebbe l'aumento più consistente rispetto a tutte le altre classi di reddito: l'11,9 per cento in più, contro il 5,2 per cento, per esempio, per coloro che hanno un reddito a partire da 50 mila euro, o rispetto all'incremento dello 0,7 per cento per la classe di reddito da 120 mila euro in su.
Contro il caro bollette di luce e gas il Governo ha stanziato 3,8 miliardi di euro; il taglio del costo energetico inciderà sul primo trimestre del 2022. Qualora l'aumento del costo dell'energia, da congiunturale dovesse trasformarsi in strutturale, il Presidente Draghi, nelle scorse settimane, ha assunto, qui in Parlamento, l'impegno per ulteriori interventi al fine di contenere i prezzi dell'energia e del gas.
Il superbonus 110 per cento, così come i bonus per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica sono stati prorogati, con un décalage perfezionato dagli emendamenti approvati dalla Commissione bilancio in Senato.
Un capitolo a parte meritano gli enti locali: la legge di bilancio ha incrementato le risorse finalizzate al potenziamento di alcuni servizi comunali, come gli asili nido e il trasporto scolastico per i disabili; finalmente sono state incrementate le indennità dei sindaci, una scelta sacrosanta, che mette fine a una visione demagogica, che aveva progressivamente dequalificato un ruolo pubblico di grande impegno e responsabilità; l'esame parlamentare, infine, ha aggiunto risorse per ripristinare il disavanzo dei comuni metropolitani; nonostante questi importanti interventi, resta la necessità di una riforma complessiva, non più rinviabile, dell'ordinamento e della finanza degli enti locali.
Signor Presidente, stiamo chiudendo il 2021 con un tasso di crescita superiore ad ogni più rosea aspettativa: più 6,3 per cento, secondo le ultime stime Istat; è un dato che testimonia la capacità di reazione di un'economia che la pandemia aveva messo in ginocchio - ricordo che nel 2020 il PIL era con crollato dell'8,9 per cento -, tuttavia, per quanto questo risultato sia incoraggiante, non è sufficiente a ricucire le ferite economiche e sociali prodotte dalla crisi sanitaria. La crescita, infatti, deve consolidarsi nel medio-lungo periodo attraverso un progressivo recupero dei divari di produttività rispetto ai Paesi più virtuosi, un rafforzamento della rete di protezione sociale per chi è rimasto indietro e un deciso passo in avanti nell'ammodernamento di un Paese chiamato a cogliere con fiducia le sfide della modernità, dell'innovazione, della globalizzazione, della sostenibilità ambientale e della ricerca di quella giusta combinazione tra mobilità e demografia che costituisce uno degli elementi decisivi per promuovere una crescita stabile, equilibrata e inclusiva. Il cuore di queste sfide sta nel PNRR, nei suoi investimenti e nelle sue riforme, che costituiscono la parte più significativa della politica di bilancio per il triennio 2022-2024 e rappresentano un'occasione imperdibile per trasformare il Paese e per farlo in meglio. Jean Monnet diceva che l'Europa riesce a modificare le situazioni di crisi in occasioni di crescita; le parole dello statista francese saranno confermate dai fatti se l'Italia saprà governare con saggezza e determinazione questa fase cruciale della propria storia, dentro i propri confini nazionali e, allo stesso tempo, all'interno di quelli dell'Unione europea. Per fare ciò ci vuole stabilità e ci vuole visione; stabilità nel programma di Governo e visione di lungo periodo e di ampio respiro, perché le scelte che il Paese è oggi chiamato a fare riflettano le speranze dei propri cittadini e non le loro paure.
Per trasformare al proprio interno la crisi in occasione di crescita, all'Italia non basta la disponibilità delle ingenti risorse del PNRR, perché è necessario saperle spendere presto e bene, ma, soprattutto, è necessario accompagnarle con quelle riforme incisive che consentano di rivitalizzare la produttività della nostra economia, che, negli ultimi 25 anni, è rimasta stagnante. Aumentare la produttività significa investire in tecnologia e fare di più con meno; significa, in altri termini, migliorare la capacità di utilizzare - perfino moltiplicandole - le risorse disponibili. Per ottenere questo risultato, la promozione dell'innovazione deve essere uno degli obiettivi principali dell'agenda politica, favorendo il passaggio - per usare le parole dell'economista della London School of Economics, Philippe Aghion - da un modello di crescita di tipo imitativo a un modello di crescita autopropulsivo, proprio di quelle economie che si trovano sulla frontiera della produzione. Non sarà facile, perché alcuni interessi costituiti difenderanno con le unghie e con i denti le rendite di posizione acquisite nel passato che, purtroppo, bloccano la nostra economia e le impediscono di crescere. Ecco, allora, l'importanza delle riforme a sostegno della concorrenza e l'investimento massiccio in formazione e ricerca.
Ma l'Italia dovrà giocare un ruolo importante per trasformare la crisi in occasione di crescita anche in Europa, non solo sostenendo la ripresa economica dei suoi Stati membri dopo la pandemia, ma promuovendo una strategia di crescita per il prossimo decennio che permetta all'Unione di affrontare da protagonista le tante sfide che l'attendono: la crisi climatica, le tensioni geopolitiche e militari, l'aumento delle disuguaglianze e i cambiamenti demografici che stanno mutando profondamente il tessuto economico e sociale dell'Europa. Se la risposta a queste sfide è un ampio programma di riforme, lo strumento principale per affrontarle con maggiore efficacia è una politica di bilancio comune. A questo proposito, ho molto apprezzato e ampiamente condiviso i contenuti della lettera a firma congiunta del Presidente del Consiglio italiano e del Presidente della Repubblica francese, pubblicata recentemente sul Financial Times, dove si riconosce, cito letteralmente, che “già prima della pandemia, le regole di bilancio dell'UE andavano riformate. Sono troppo opache ed eccessivamente complesse. Hanno limitato il campo d'azione dei Governi durante le crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria. (…). Non c'è dubbio che dobbiamo ridurre i nostri livelli di indebitamento. Ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili”.
La legge di bilancio 2022 riguarda certamente l'Italia, ma, per tutte le considerazioni che ho esposto sin qui, rappresenta, al tempo stesso, un segnale che l'Italia manda all'Europa, in un momento in cui sembra si possa davvero aprire una nuova stagione per il futuro nostro e di tutti i cittadini europei. È in questa prospettiva che il Partito Democratico esprime la fiducia al Governo per le scelte di politica di bilancio contenute nella legge che discutiamo oggi, la fiducia a un Governo che è il nostro Governo, che sosteniamo convintamente, per un'Italia più moderna più prospera e più inclusiva, in un'Europa più forte e più sicura di sé.